In foto opera di: Mario Merz | ” Che fare?” – 1968 – Alluminio, cera, neon
Oggi assistiamo con grande velocità a quello che potremmo definire “superamento dell’accesso” o ancora “eccesso di accessibilità“.
Dopo aver assistito al cambiamento radicale dei nostri comportamenti e delle nostre possibilità, stiamo verificando come questa nuova era dell’accesso, già teorizzata da Rifkin nel 2000, stia palesando quella che un tempo avremmo definito, senza troppi indugi, mediocrità o totale improvvisazione progettuale se vogliamo rimanere nel campo del design.
Da un lato gli strumenti del fare digitale permettono una incredibile flessibilità, velocità nonchè puntualità di risultato; dall’altro però il progettista autoconvinto, o semplicemente superficiale, si pre-carica del proprio metodo copia-incolla e grazie all’appagamento sociale (spesso autocertificato nei likes e nei follower) e allo stupore immediato che i progetti mediocri vantano spesso di primo acchito, produce elaborati privi di visione di insieme e prospettiva.
Confonde la vista per la vision e si ferma ai blocchi di partenza mentre gli altri sfrecciano alla meta.
Difficile è comprendere a volte se questa mediocrità si avvicini al concetto di democratico, alla portata di tutti, e che sotto questo punto di vista non creerebbe tanto sdegno.
L’aspetto commerciale o di garanzia di continuità dato dalle vendite e dato dall’apprezzamento del pubblico è di per sè necessario oltre che corretto, se dichiarato all’utente però.
Ma sta di fatto che si riscontra ora la difficoltà a far comprendere quella che è la base del lavoro oltre che la giusta anima di un progetto: la ricerca e la progettazione.
Il design, sia esso di interfaccia che di oggetto, vacilla quindi tra democrazia, autorialità e totale assenza di concetti.
E’ richiesta quindi ancor di più una maggiore forza da parte di chi invece crea e progetta ben considerando questi aspetti.
E’ richiesta la formazione e la dimostrazione.
Come se ogni lavoro debba necessariamente giustificarsi o certificarsi continuamente.
Questo potrebbe essere elemento interessante di crescita e di ulteriore avanzamento ma si arriva presto al problema temporale, finanche economico, che riporta immediatamente il progettista a dover fare i conti con questi aspetti.
E’ quì che si palesa l’urgenza e la capacità di sintesi necessaria ad aver le idee chiare subito, ora, e lungo tutto il percorso del fare.
Da parte dello Studio OCCHIOIPERTESO nulla cambia.
Siamo da sempre abituati ad un metodo progettuale fatto di versioni e revisioni, scelte e approfondimenti trasversali frutto di analisi e ricerca continua; immediate nella testa e precise sulla carta.
La conoscenza del passato ci aiuta ogni giorno a progettare il futuro e per questo non ci spaventiamo davanti a così tante incertezze progettuali dilaganti.
Il fare contemporaneo è diventato immediato e così immediatamente scompare.